Storia E Papato, Antichi Pontefici, Leone I, Raro Antichissimo Ritratto, 500

Valore stimato —139.3

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LEONE PRIMO

ROMA

 

 

Interessante e suggestivo antico ritratto raffigurante l'antico pontefice romano;

 

bella incisione originale, all'acquaforte e xilografica (praticamente una doppia incisione essendo state utilizzate due matrici, una in rame per il ritratto vero e proprio, e una in legno per la cornice che contorna il ritratto); esemplare in origine tavola illustrativa di una pubblicazione specialistica, probabilmente della fine del '500;  misura circa cm.16x13 (la parte figurata), su foglio di circa cm.22x16;

 

con stemma araldico pontificio impresso in alto a destra.

 

DI INTERESSE ARTISTICO, CULTURALE, SPECIALISTICO, COLLEZIONISTICO

 

Buona conservazione generale, segni e difetti d'uso o d'epoca, sparse fioriture e difetti vari marginali, ma incisione ben impressa e di ottima qualità, ancora su foglio originario con anche scritte al verso,

stampa meritevole di essere inserita sotto passpartout ed incorniciata.

(l'immagine allegata raffigura un particolare dell'intero foglio, eventuali ulteriori informazioni a richiesta)

 

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Leone I, detto anche Leone Magno, fu Papa (dal 440 al 461) della Chiesa cattolica, che lo venera assieme alla Chiesa ortodossa, come santo. Secondo il Liber Pontificalis era nativo della Toscana.
Nel 431, in qualità di diacono, occupava una posizione sufficientemente importante perché Cirillo di Alessandria si rivolgesse a lui, per far si che l'influenza di Roma venisse scagliata contro le pretese di Giovenale di Gerusalemme sulla giurisdizione patriarcale della Palestina -- a meno che la lettera non fosse piuttosto indirizzata a Papa Celestino I. All'incirca nello stesso periodo Giovanni Cassiano gli dedicò il trattato contro Nestorio, scritto su sua richiesta. Ma niente mostra meglio la confidenza che veniva riposta in Leone del fatto che venne scelto dall'imperatore per appianare la disputa tra Aezio e Albino, i due più alti ufficiali in Gallia.
Durante la sua assenza per questa missione, papa Sisto III morì (11 agosto 440), e Leone venne unanimemente eletto dal popolo a succedergli. Il 29 settembre iniziò un pontificato che avrebbe fatto epoca per la centralizzazione del governo della Chiesa.
Nemico senza compromessi dell'eresia, Leone scoprì che nella diocesi di Aquileia, i Pelagiani venivano ammessi alla comunione in chiesa, senza il formale ripudio dei loro errori; egli scrisse per rimproverare questa colpevole negligenza, e richiese un'abiura solenne davanti a un sinodo.
I manichei in fuga di fronte ai Vandali, erano giunti a Roma nel 439 e li vi si erano organizzati segretamente; Leone apprese del fatto attorno al 443, e procedette contro di loro tenendo un dibattito pubblico con i loro rappresentanti, bruciando i loro libri, e mettendo in guardia i cristiani romani contro di loro. I suoi sforzi portarono all'editto di Valentiniano III contro i manichei (19 giugno 445).
Il suo atteggiamento non fu meno deciso contro i Priscilliani. Il vescovo Turribio di Astorga, meravigliato dalla diffusione della setta in Spagna, si era rivolto agli altri vescovi spagnoli sull'argomento, mandando una copia della sua lettera a Leone, che non si lasciò sfuggire l'opportunità di esercitare influenza in Spagna. Egli scrisse un esteso trattato (21 luglio 447) contro la setta, esaminando i suoi falsi insegnamenti nei dettagli, e chiedendo un concilio generale spagnolo, per investigare se ci fossero degli aderenti all'interno dell'episcopato -- ma ciò venne impedito dalle circostanze politiche in Spagna.
Leone rafforzò la sua autorità nel 445 contro Dioscuro, il successore di Cirillo al patriarcato di Alessandria d'Egitto, insistendo che la pratica ecclesiastica della sua sede doveva seguire quella di Roma; poiché Marco, il discepolo di Pietro e fondatore della Chiesa alessandrina, non poteva avere altra tradizione che quella del "principe degli apostoli".
Il fatto che la provincia africana della Mauretania Caesariensis fosse stata conservata dall'impero e quindi dal credo di Nicene portato dall'invasione Vandala, e nel suo isolamneto fosse disposta ad affidarsi all'aiuto esterno, diede a Leone l'opportunità di asserire la sua autorità su quella regione, cosa che fece con decisione riguardo a diverse questioni di disciplina.
In una lettera ai vescovi di Campania, Piceno e Toscana (443) egli richiese l'osservanza di tutti i suoi precetti e di quelli dei suoi predecessori; e rimproverò duramente i vescovi di Sicilia (447) per la loro deviazione dagli usi romani, ad esempio per il momento del battesimo, richiedendo loro di inviare dei delegati al sinodo romano per imparare la pratica corretta.
L'asserzione del potere romano sull'Illiria era stata un punto forte dei Papi precedenti. Papa Innocenzo I aveva costituito il metropolita di Salonicco come suo vicario, allo scopo di opporsi al crescente potere del patriarca di Costantinopoli. Ma in seguito i vescovi dell'Illiria mostravano una tendenza a schierarsi con Costantinopoli e i Papi ebbero delle difficoltà a mantenere la loro autorità. Nel 444 Leone descrisse, in una lettera a loro indirizzata, il principio secondo il quale Pietro aveva ricevuto il primato e la supervisione dell'intera Chiesa, come premio della sua fede, e che quindi tutte le questioni importanti dovevano essere riferite a, e decise da Roma. Nel 446 Leone ebbe per due volte l'occasione di interferire con gli affari dell'Illiria, e nello stesso spirito parlò del pontefice romano come dell'apice della gerarchia di vescovi, metropoliti e primati. Comunque, dopo la sua morte, l'influenza di Costantinopoli tornò ad essere predominante.
 

 Asserzione della sua autorità in Gallia

Non senza una seria opposizione, Leone riuscì ad asserire la sua autorità sulla Gallia. Patroclo di Arles (m. 426) aveva ricevuto da papa Cosimo il riconoscimento del primato sulla Chiesa della Gallia, che era stato fortemente rivendicato dal successore Ilario. Un appello di Celidonio di Besançon, diede a Leone l'occasione di procedere contro Ilario, che si difese duramente a Roma, rifiutandosi di riconoscere lo status giudiziario di Leone. Ma Leone reinstaurò Celidonio e limitò Ilario alla propria diocesi, privandolo anche sei suoi diritti di metropolita sulla provincia di Vienne.
Sentendo che la sua idea dominante di una monarchia romana universale era minacciata, Leone si appellò al potere civile per ottenere supporto ed ottenne da Valentiniano III il famoso decreto del 6 giugno 445, che riconosceva il primato del vescovo di Roma, basato sui meriti di Pietro, la dignità della città, e il Credo di Nicea (nella sua forma interpolata); ordinando che ogni opposizione alle sue decisioni, che avrebbero avuto la forza di leggi, doveva essere trattata come tradimento; e provvedendo per l'estradizione forzata da parte dei governatori provinciali, di chiunque si rifiutasse di rispondere agli avvertimenti di Roma. Ilario si sottomise a questo volere, anche se con il suo successore, Ravennio, Leone divise i diritti metropolitani tra Arles e Vienne (450).
Un'occasione favorevole per estendere l'autorità di Roma ad Oriente si offrì con il rinnovo della controversia cristologica di Eutiche, che all'inizio del conflitto si rivolse a Leone e cercò rifugio presso di lui per la sua condanna di Flaviano. Ma quando ricevette da Flaviano la sua versione della storia, Leone prese decisamente le parti di quest'ultimo.
Al Sinodo di Efeso, i rappresentanti di Leone consegnarono il famoso "tomo" o dichiarazione della fede della Chiesa Romana, in forma di lettera indirizzata a Flaviano, che ripete, in stretta concordanza con Agostino di Ippona, le formule della cristologia occidentale, senza toccare veramente il problema che stava agitando l'oriente. Il concilio non lesse la lettera, e non prestò attenzione alle proteste dei legati di Leone, ma depose Flaviano ed Eusebio, che si appellarono a Roma.
Leone richiese all'imperatore che un concilio ecumenico si tenesse in Italia, e nel contempo, al sinodo romano dell'ottobre 449, ripudiò tutte le decisioni prese a Efeso. Senza addentrarsi in un esame critico dei suoi decreti dogmatici, nelle sue lettere all'imperatore e ad altri egli domandò la deposizione di Eutizio come eretico Manicheo e Docetico.
Con la morte di Teodosio II (450) e l'improvviso cambio della situazione ad oriente, Anatolio il nuovo patriarca di Costantinopoli, soddisfece le richieste di Leone, e il suo "tomo" venne letto e riconosciuto ovunque.
A questo punto Leone non era più desideroso di avere un concilio, soprattutto perché non si sarebbe svolto in Italia. Questo era stato chiamato per riunirsi a Nicea, e quindi trasferito a Calcedonia, dove i suoi legati detenevano almeno una presidenza onoraria, e dove i vescovi lo riconobbero come interprete della voce di Pietro e come capo del loro corpo, richiedendogli la conferma dei loro decreti. Leone declinò fermamente la richiesta di confermare le loro disposizioni disciplinari, il che sembrò concedere a Costantinopoli un'autorità praticamente pari a quella di Roma, e considerava l'importanza civile di una città, come fattore determinante per la sua posizione ecclesiastica; ma Leone appoggiò fortemente i suoi decreti dogmatici, specialmente quando, dopo l'ascesa dell'Imperatore Leone I (457) sembrò esserci una predisposizione verso il compromesso con gli Eutiziani. Leone riuscì ad ottenere un patriarca ortodosso, e non il Monofisita Timoteo Aeluro, scelto dal patriarca di Alessandria all'uccisione di Proterio.
Il prossimo collasso dell'Impero d'Occidente, diede a Leone un ulteriore opportunità di apparire come rappresentante dell'autorità legale. Quando Attila invase l'Italia nel 452 e minacciò Roma, fu Leone che, con due alti funzionari civili, andò a incontrarlo, impressionandolo a tal punto da farlo ritirare, questo almeno secondo Prospero, anche se Giordano, dà altre motivazioni. La sua intercessione però non riuscì a prevenire il sacco della città da parte di Genserico nel 455, ma omicidi e incendi vennero repressi grazie alla sua influenza. Leone morì probabilmente il 10 novembre del 461.
 

L'importanza di Leone

L'importanza del pontificato di Leone giace nelle sue asserzioni di un episcopato universale del vescovo romano, che trapelano dalle sue lettere, e ancor di più dalle sue novantasei orazioni pervenuteci.
Secondo quanto dice, la Chiesa è costruita su Pietro, in perseguimento della promessa di Matteo xvi. 16-19. Pietro partecipa a "tutto ciò che è Cristo"; ciò che gli altri apostoli hanno in comune con lui lo hanno attraverso di lui. Il Signore prega solo per Pietro quando il pericolo minaccia tutti gli apostoli, perché la sua fermezza rafforzi gli altri. Ciò che è vero di Pietro è vero anche per i suoi successori. Ogni altro vescovo è incaricato della cura del proprio gregge, il vescovo di Roma di quella dell'intera Chiesa. Gli altri vescovi possono solo assisterlo in questo compito.
Attraverso la sede di Pietro, Roma è diventata la capitale del mondo in un senso più ampio di prima. Per questo motivo, quando la Terra venne divisa tra gli apostoli, Roma venne riservata a Pietro, poiché qui, nel vero centro, il trionfo decisivo sarebbe stato ottenuto sulla saggezza terrena della filosofia e sul potere dei demoni; e quindi dalla testa, la luce della verità, si sarebbe diffusa a tutto il corpo.
Agli occhi di Leone, i decreti del Concilio di Calcedonia acquisirono la loro validità dalla sua conferma. L'ampio spettro di questa teoria giustifica l'applicazione a Leone del titolo di primo Papa.
La Chiesa Cattolica Romana fino al 1971 segnava l'11 aprile come commemorazione di san Leone, mentre ora viene celebrato il 10 novembre. Le Chiese Ortodosse orientali lo commemorano il 18 febbraio.(DAL WEB)
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